Source : La Stampa
L’analista Brisard: l’Isis finirà, ma non gli attacchi
È stata una cellula all’azione in Catalogna. E non i «lupi solitari», come quelli all’origine degli ultimi attacchi in Francia. «Non è una sorpresa: in Spagna le inchieste sul terrorismo islamico, dal 2001 a questa parte, si sono sempre ritrovate di fronte a cellule organizzate». A parlare è Jean-Charles Brisard, direttore a Parigi del Centre d’analyse du terrorisme.
Perché questa particolarità spagnola ?
«Al-Qaeda si è radicata a lungo nel Paese. E poi ci sono diffuse comunità salafite, all’interno delle quali le cellule possono svilupparsi».
Gli ultimi attentati, quindi, sono più simili al Bataclan e al 13 novembre 2015 ?
«A Parigi quegli attentati erano stati teleguidati dallo Stato islamico, con mezzi importanti venuti dall’esterno. In Catalogna non è chiaro. Forse qui si tratta più di un terrorismo locale ma ispirato dall’Isis. Sono attentati multipli e coordinati, però i mezzi appaiono rudimentali. Non si capisce se la cellula ha deciso autonomamente di colpire o se è stata diretta a distanza».
Più facile combattere le cellule che lottare contro i lupi solitari?
«Certo, perché ci sono per forza scambi frequenti: elettronici, telefonici e fisici. In Francia dall’inizio dell’anno sono stati sventati sette progetti di attentato e ogni volta erano individui o gruppi con non più di tre persone. È un terrorismo diffuso, che durerà a lungo e difficile da individuare precocemente, a parte con un’efficace azione di intelligence».
È rimasto sorpreso dagli attentati in Catalogna ?
«No, assolutamente. Dal 2013 le autorità spagnole avevano smantellato già 40 cellule jihadiste. Dal 2001, prima degli attentati a Madrid del 2004, 700 terroristi islamici sono stati imprigionati. E tre attentati di grosso impatto sono stati sventati negli ultimi due anni».
Crede che la fine dell’Isis in Medio Oriente abbia riflessi sul terrorismo in Europa ?
«No, i due fenomeni non sono correlati. Anche se lo Stato islamico si indebolisce dal punto di vista territoriale, finanziario e militare, resta in piedi un Califfato virtuale, quello che più influenza gli individui radicalizzati in Europa. La minaccia da noi esiste da prima della proclamazione del Califfato in Medio Oriente, nel 2014: i jihadisti europei che lì andavano a combattere già lanciavano appelli a realizzare attentati da noi. Non credo neppure che più lo Stato islamico si indebolisca e maggiore diventi la minaccia terroristica in Europa. Non c’entra niente».
Teme per l’Italia?
«Come in Spagna, anche da voi attentati e cellule sono stati smantellati e numerosi giovani sono partiti a combattere in Medio Oriente. L’allerta deve restare massima».
Leonardo Martinelli, La Stampa